giovedì 7 febbraio 2008

Caprioli a maggio

Nei seminativi abbandonati trent'anni fa, e che ora si sono tramutati negli ultimi prati stabili ai margini dei boschi, in queste sere di maggio, lunghe nel crepuscolo, i caprioli escono al pascolo. Nel fitto dove non arriva il sole e nei pascoli piú alti c'è ancora la neve e come l'anno scorso ancora quest'anno le malghe verranno monticate con due o tre settimane di ritardo: quello che negli anni trascorsi era un'eccezione sembra ora diventare norma e il periodo dell'alpeggio si riduce. (Nell'arco di una vita quante cose si possono osservare).
Solo cinquant'anni or sono i caprioli erano rari o occasionalmente presenti nei nostri monti, ora sono coabitatori numerosi tanto che non suscitano piú meraviglia ma quasi confidenza. L'evento dei caprioli non è però dovuto a fattori climatici (è un animale che vive da oltre il Circolo polare artico all'Iraq), ma a una naturale espansione della specie che sta recuperando gli areali che occupava nei secoli XVI e XVII.
Attualmente la sua presenza maggiore è nel settore delle Alpi orientali e secondo Franco e Dino Perco due anni fa nelle Venezie si potevano censire circa 92 000 capi, di cui i due terzi nel Trentino-Alto Adige; questo cervide si dirada nel settore delle Alpi centrali ed è raro nelle Occidentali. Negli Appennini, nella Maremma, nel Gargano e in qualche altro raro luogo sembra sopravviva una sottospecie italica, ma la cosa è dubbia perché sono stati introdotti nel passato soggetti di origine diversa, e mai quindi lungo la penisola questi caprioli sono sicuramente autoctoni. Sempre secondo i Perco, naturalisti che sull'argomento sono piú stimati e seguiti Oltralpe che da noi, in Italia non dovrebbe essere impossibile avere una consistenza di mezzo milione di capi, cioè cinque volte l'attuale, con arricchimento del paesaggio ambientale e la possibilità di prelievo di una notevole quantità di ottima carne.
Osserviamoli al pascolo in una delle prime sere di maggio: attenti però, perché uccide piú la curiosità maldestra che il fucile. Se il tempo è bello, per il fenomento delle brezze di valle, nelle ore piú fresche l'aria scende dall'alto verso il basso, avviciniamoci quindi al posto prescelto per l'osservazione camminando sempre sottovento e senza fumare per non far correre il nostro odore sui sentieri dell'aria; il nostro vestire sia non vistoso per colori appariscenti e non frusciante; e con scarpe leggere dalle suole sensibili il nostro andare sia lento e silenzioso, ma senza apparire sospettoso e diffidente; i nostri gesti molto contenuti.
Raggiunto il luogo dell'osservazione ci si apposti dietro un cespuglio, o in una depressione del terreno, o dietro un muretto e con tutti i sensi aperti su quanto ci sta attorno e ancora, importantissimo, sempre sottovento alla linea di accostamento dei caprioli al prato del pascolo. Il buon binocolo di elevata luminosità sia appoggiato a un bastone o a un sasso perché non può essere tenuto a mano libera per un po' di tempo senza tremare.
Non sono per posa questi consigli: comportandoci in determinate maniere nell'ambiente naturale non si è molesti ai selvatici ed è l'unica maniera per discretamente osservare e cercare di capire. Osservare poi vuoi dire vedere attivamente la natura: chi passeggia invece è remissivo e la subisce.
La prima erba che rinverdisce i solivi è un richiamo irresistibile e i caprioli raggiungono questi luoghi quando, verso sera, la zona è diventata tranquilla e i contadini e i boscaioli sono rientrati nelle case a desinare. Si avvicinano lungo i loro abituali sentieri che di solito seguono il margine del bosco; brucano un germoglio qua e là dai cespugli che sono ancora nudi; ascoltano, annusano l'aria. Prima di uscire definitivamente all'aperto si soffermano ancora qualche minuto ed esplorano tutt’intorno, più con l'odorato e l'udito che con gli occhi.
Di solito sarà una madre adulta a uscire per prima, seguita a poca distanza dal suo nucleo familiare. La si riconosce per la mancanza di corna, per il pelame che conserva ancora in questa stagione il grigio dell'inverno, per la macchia bianca a forma di cuore nella zona anale (nei maschi è a forma di rene) e per il ventre piú grosso (è incinta e partorirà tra un mese). Potremo anche vedere il maschietto che compirà l'anno a giugno: il suo pelo ha già il colore rossiccio estivo e le corna con unica asta sono ancora coperte dalla membrana che i cacciatori chiamano velluto; lo seguirà la sua gemella: una femmina sottile e aggraziata, anche lei con il manto estivo. Il comportamento di questi due è giocoso, anche il loro muso è bambinesco su un collo lungo e sottile.
In un angolo del prato compare un maschio di due anni: ha da poco ripulito le corna e queste appaiono già ramificate ma di colore chiaro, quasi bianco; il pelo conserva in parte il colore grigio dell'inverno, ma già sul collo e attorno al muso si può vedere il rossiccio estivo; ha le forme snelle ed è vivace ma anche sospettoso. Bruca qualche croco, alza la testa, annusa l'aria e ritorna dentro il bosco.
Dal lato opposto è uscito sul prato un vecchio maschio, il suo manto è uguale a quello della madre adulta, le sue corna sono pulite e scure, il collo sembra più corto e la testa piú massiccia, la schiena diritta, accentuato è il pennello del sesso. E’ uscito, ha annusato, ha alzato la testa verso il maschio di due anni e quest'ultimo se n'è andato. Ora, rimasto padrone di quest'angolo di prato che s'incunea nel bosco, pascola staccato dal gruppo con fare irascibile e sospettoso; e il contatto tra il gruppo viene tenuto piú olfattivamente che visivamente.
Può capitare di vedere su questi prati appena rinverditi piú nuclei di caprioli, anche fino a una ventina di soggetti; ma questa fase di raggruppamento non durerà molto perché presto seguirà la fase dello scioglimento anche delle convivenze familiari. Tra giorni avremo la delimitazione e la difesa del territorio da parte dei maschi che scorticheranno violentemente con le corna alberelli e cespugli, e marcheranno con l'odore delle ghiandole facciali sfregando dolcemente e a lungo la testa contro alberi e rami bassi; ma pure il suolo verrà marcato raspando con le gambe posteriori e altre ghiandole lasceranno sul terreno l'odore personale: se un maschio passerà quei confini vi sarà lotta.
Le femmine gravide allontaneranno i figli deIl'anno precedente, e prima del parto, che di solito avviene tra la fine di maggio e la metà di giugno, sceglieranno per figliare una zona soliva e coperta di vegetazione, la delimiteranno nel perimetro con l'urina e in quell'area non tollereranno la presenza di altri consimili.
Una di queste sere affacciandomi al margine del bosco dopo aver osservato con gioioso stupore su una residua chiazza di neve le tracce di più animali (urogallo, lepre, francolino, scoiattolo, volpe!), scorsi una femmina di capriolo che pascolava vicino alla Lapide dei Partigiani; non aveva sentito la mia presenza e camminava tranquillamente scegliendosi con cura l'erba della cena. Restai immobile a osservarla ma un rumore strano mi fece girare lentamente la testa: su un prato in declivio coperto di fiori due giovani maschi stavano giocando: saltellavano sulle zampe, abbassavano il capo fronteggiandosi, s'incornavano spingendosi retrocedendo o avanzando, si staccavano e si guardavano scrollando la testa, brucavano qualche croco e riprendevano il gioco.
Nel frattempo, sempre pascolando, la femmina si era allontanata di un centinaio di metri; i due maschi annusarono attorno per sentirla e presero la sua direzione verso la valle. Ripresero ancora a giocare nelle sue vicinanze.
Incominciava il buio e uscii allo scoperto; l'aria portò il mio odore e la femmina, dopo avere sollevato la testa, prese la direzione del bosco, e i due la seguirono.


[Racconto tratto da "Il libro degli animali", di Mario Rigoni Stern]
[La foto è mia e compare anche in un post dello scorso ottobre]


PS: mi rendo conto di esser fuori tempo visto che il titolo fa riferimento al mese di maggio; io però il libro lo ho letto due settimane fa....[vedi post successivo]

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