[NdB: circa 50mila trentini combatterono la Prima guerra mondiale sotto la bandiera austriaca. Le foto invece si riferiscono ai numerosi segni della presenza austriaca ancora presenti in queste terre]
Nell'estate del 1914 l'Austria-Ungheria aveva richiamato alle armi ventidue classi di leva e quando, nel 1915, entrò in guerra l'Italia, ne richiamò altre dieci. Quarantamila trentini e migliaia di giuliani, con la divisa dei Landesschützen e dei Kaiserjäger, partirono per la guerra: molti non ritornarono piú; quindicimila sopravvissuti, dopo essere finiti in Siberia, ritornarono attraverso la Cina, il Giappone, l'America, l'Inghilterra, facendo cosi letteralmente il giro del mondo.
Oramai, per lo scorrere naturale del tempo, sono rimasti in pochi; ma in certe valli, in certi paesi e città del Trentino qualcuno ancora vive; come pure vivono alcune donne russe di nascita che questi ex soldati dell'impero absburgico, ritornando a baita intorno al 1920, si erano portate a casa come loro spose. Il padre ormai centenario di un mio amico ancora ricorda e racconta di quando era in Siberia, contabile in un mulino da grano, e di come avevano insistito perché là restasse anche quando i bolscevichi presero il potere.
Due libri, uno a cura di Camillo Medeot, Friulani in Russia e in Siberia (1914-19) (Gorizia 1978) e l'altro di Renzo Francescotti, Italianski (Bologna 1981), ci raccontano le vicende e le testimonianze di questi italiani, e leggerli e guardare le fotografie e i disegni di quel tempo è come ritrovare un pezzo di storia sconosciuto ai piú.
I trentini e i giuliani di leva, nel 1914 si erano trovati sulla linea del fronte, in Galizia, e il 17 agosto, inquadrati in nove reggimenti nel corpo d'armata dell'arciduca Giuseppe Ferdinando di Toscana, parteciparono all'offensiva contro l’esercito dello zar comandato dall'arciduca Nicola di Russia.
Dopo un primo successo che li portò oltre il Bug furono contrattaccati e le armate dello zar entrarono nel territorio di Francesco Giuseppe occupando Leopoli e mettendo in crisi tutto il fronte orientale.
A parte la famosa fortezza di Przemyśl che venne assediata dalla 3a armata russa, la Galizia e la Bucovina vennero quasi interamente occupate e quaranta divisioni austroungariche pressoché distrutte. Molti soldati di lingua italiana caddero in questi cruentissimi combattimenti, molti vennero fatti prigionieri. Si richiamarono alle armi altre classi; ragazzi di diciassette anni e padri di molti figli vennero mandati a rinsanguare i reparti al fronte, dopo breve istruzione nelle caserme di Innsbruck e di Graz.
In un secondo sfortunato scontro, la battaglia della Vistola tra il 20 e il 27 ottobre dello stesso anno, venne sgominata la 1a armata austro-ungarica, e nell'inverno i russi progettarono di invadere l’Ungheria e i Balcani attraverso i Carpazi.
Progetto ardito quanto difficile, tra montagne inpraticabili, bufere spaventose e combattimenti feroci, con il costo di tante vite. Nel febbraio le armate dello zar attaccarono sui Beschidi e dopo aver insanguinato quei passi scesero verso l’Ungheria.
In quelle condizioni ambientali impossibili si vennero a trovare i reggimenti dei soldati trentini e giuliani che erano stati trasferiti là dopo le battaglie estive
[. . .]
Renzo Francescotti, insegnante di scuola media a Trento, ha potuto raccogliere diari e testimonianze prima che svanissero nel nulla. Racconta Clemente Fedele di Telve Valsugana:
Ci ritirammo nella fortezza di Przemyśl, camminando per una decina di giorni. Lí restammo circa un mese. Nel marzo del 1915, dopo aver combattuto in Polonia, ci inviarono sui Carpazi; nel mio reparto eravamo tredici italiani, quasi tutti trentini comandati da un sottufficiale austriaco. Fu allora che venni fatto prigioniero. La cosa avvenne molto semplicemente: uscimmo in perlustrazione, ma i russi ci aspettavano e dovemmo arrenderci. Fatti prigionieri, i russi ci fecero camminare per quindici giorni finché arrivammo a Kiev.
E Marino Bertolini di Caldonazzo:
Trovammo un soldato sdraiato sulla neve, ferito a un ginocchio. Lo mettemmo in una coperta e in quattro lo portammo con noi. Quando arrivammo alla fattoria ci accolse un gruppo di cosacchi a cavallo urlando e sparando in aria qualche colpo. Ci disarmarono prendendoci gli orologi e il denaro. Ci portarono al loro comando unendoci a una colonna di prigionieri in partenza per Leopoli.
Passarono il Dnepr, il Don, il Volga, gli Urali. GiorgioCristelli di Pinè arriva sino a un villaggio del Caucaso che si chiama San Nicolò, cosí all'italiana: San Nicolò. E’ abitato da lombardi, ticinesi e friulani, con un maestro italiano e una maestra russa che insegnano italiano, tedesco e russo; di un centinaio di abitanti, è stato fondato alla fine dell'Ottocento da nostri emigranti che laggiú avevano importato le colture della vite e di alberi da frutta.
Giorgio incontra una ragazza, Mariaska, di origine friulana, arrivata lì quando aveva tre anni, e la sposa.
[. . .]
In foto: la Feldkapelle in Val dei Mocheni, a ricordo dei caduti.
Oramai, per lo scorrere naturale del tempo, sono rimasti in pochi; ma in certe valli, in certi paesi e città del Trentino qualcuno ancora vive; come pure vivono alcune donne russe di nascita che questi ex soldati dell'impero absburgico, ritornando a baita intorno al 1920, si erano portate a casa come loro spose. Il padre ormai centenario di un mio amico ancora ricorda e racconta di quando era in Siberia, contabile in un mulino da grano, e di come avevano insistito perché là restasse anche quando i bolscevichi presero il potere.
Due libri, uno a cura di Camillo Medeot, Friulani in Russia e in Siberia (1914-19) (Gorizia 1978) e l'altro di Renzo Francescotti, Italianski (Bologna 1981), ci raccontano le vicende e le testimonianze di questi italiani, e leggerli e guardare le fotografie e i disegni di quel tempo è come ritrovare un pezzo di storia sconosciuto ai piú.
I trentini e i giuliani di leva, nel 1914 si erano trovati sulla linea del fronte, in Galizia, e il 17 agosto, inquadrati in nove reggimenti nel corpo d'armata dell'arciduca Giuseppe Ferdinando di Toscana, parteciparono all'offensiva contro l’esercito dello zar comandato dall'arciduca Nicola di Russia.
Dopo un primo successo che li portò oltre il Bug furono contrattaccati e le armate dello zar entrarono nel territorio di Francesco Giuseppe occupando Leopoli e mettendo in crisi tutto il fronte orientale.
A parte la famosa fortezza di Przemyśl che venne assediata dalla 3a armata russa, la Galizia e la Bucovina vennero quasi interamente occupate e quaranta divisioni austroungariche pressoché distrutte. Molti soldati di lingua italiana caddero in questi cruentissimi combattimenti, molti vennero fatti prigionieri. Si richiamarono alle armi altre classi; ragazzi di diciassette anni e padri di molti figli vennero mandati a rinsanguare i reparti al fronte, dopo breve istruzione nelle caserme di Innsbruck e di Graz.
In un secondo sfortunato scontro, la battaglia della Vistola tra il 20 e il 27 ottobre dello stesso anno, venne sgominata la 1a armata austro-ungarica, e nell'inverno i russi progettarono di invadere l’Ungheria e i Balcani attraverso i Carpazi.
Progetto ardito quanto difficile, tra montagne inpraticabili, bufere spaventose e combattimenti feroci, con il costo di tante vite. Nel febbraio le armate dello zar attaccarono sui Beschidi e dopo aver insanguinato quei passi scesero verso l’Ungheria.
In quelle condizioni ambientali impossibili si vennero a trovare i reggimenti dei soldati trentini e giuliani che erano stati trasferiti là dopo le battaglie estive
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Renzo Francescotti, insegnante di scuola media a Trento, ha potuto raccogliere diari e testimonianze prima che svanissero nel nulla. Racconta Clemente Fedele di Telve Valsugana:
Ci ritirammo nella fortezza di Przemyśl, camminando per una decina di giorni. Lí restammo circa un mese. Nel marzo del 1915, dopo aver combattuto in Polonia, ci inviarono sui Carpazi; nel mio reparto eravamo tredici italiani, quasi tutti trentini comandati da un sottufficiale austriaco. Fu allora che venni fatto prigioniero. La cosa avvenne molto semplicemente: uscimmo in perlustrazione, ma i russi ci aspettavano e dovemmo arrenderci. Fatti prigionieri, i russi ci fecero camminare per quindici giorni finché arrivammo a Kiev.
E Marino Bertolini di Caldonazzo:
Trovammo un soldato sdraiato sulla neve, ferito a un ginocchio. Lo mettemmo in una coperta e in quattro lo portammo con noi. Quando arrivammo alla fattoria ci accolse un gruppo di cosacchi a cavallo urlando e sparando in aria qualche colpo. Ci disarmarono prendendoci gli orologi e il denaro. Ci portarono al loro comando unendoci a una colonna di prigionieri in partenza per Leopoli.
Passarono il Dnepr, il Don, il Volga, gli Urali. GiorgioCristelli di Pinè arriva sino a un villaggio del Caucaso che si chiama San Nicolò, cosí all'italiana: San Nicolò. E’ abitato da lombardi, ticinesi e friulani, con un maestro italiano e una maestra russa che insegnano italiano, tedesco e russo; di un centinaio di abitanti, è stato fondato alla fine dell'Ottocento da nostri emigranti che laggiú avevano importato le colture della vite e di alberi da frutta.
Giorgio incontra una ragazza, Mariaska, di origine friulana, arrivata lì quando aveva tre anni, e la sposa.
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In foto: la Feldkapelle in Val dei Mocheni, a ricordo dei caduti.
Link su Flickr della fontana della Val Sadole riportante gli stemmi della Standeschützen Companie
Link su Flickr al forte sul Piz de Levico
Link su Flickr del bivacco Cavinato in Cima d'Asta, già ricovero di guerra
Link su Flickr al forte sul Piz de Levico
Link su Flickr del bivacco Cavinato in Cima d'Asta, già ricovero di guerra
2 commenti:
Pensa che quel salame di mio zio ha buttato i diari del nonno, scritti da prigioniero e durante l'eterno viaggio di rientro attorno al globo. Partito dalla val di Sole, tornato da Genova. Qualcosa so dai racconti di mamma, ma ormai sfumati nel mito.
"Italianski" si trova da comprare da qualche parte, che tu sappia? Io ce l'ho ma non vorrei scansionarlo tutto per una ragazza italo-argentina interessata alla storia; qui in libreria mi han guardata come fossi trasparente.
Ho anche un altro libretto, pubblicato da un centro culturale bolzanino e altrettanto introvanile: Irredenti - Dal Tirolo all'Italia via Russia, Cina, America 1914-1918, di Corrado Pasquali. Contiene molte pagine di diario di un prigioniero trentino e diverse fotografie. Se ti interessa fischia ;)
(PS: ho raccontato anch'io qualcosa sul mio blog in proposito:
http://tinyurl.com/3xel4t )
Per Italianski così su due piedi non ti saprei aiutare; ad ogni modo sbircerò nelle librerie di TN
ps. non avevo visto il tuo post, molto bello e molto "tuo". Peccato per i diari dispersi.
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